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Educare alla noia

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“Mamma mi annoio”, “Uffa, non so che cosa fare!”. Quando i bambini ci dicono così, spesso noi genitori ci preoccupiamo di annullare subito la sensazione di noia dei nostri figli. Invece, la crescita ha bisogno anche della noia. Attraversarla vuol dire passare attraverso molte fasi differenti: sentire un vuoto, starci dentro, decidere di riempirlo, trovare il modo per farlo.

La noia è oggi valutata come un “sintomo da curare”. C’è l’estrema tendenza a riempire ogni buco, in cui spesso l’educazione viene scambiata per intrattenimento costante e ripetitivo, per cui le giornate scandite da continue attività, innumerevoli stimoli che rendono i nostri figli in uno stato continuo di attività organizzate da svolgere. Il tempo dei bambini è organizzato dagli adulti con numerosi impegni come a colmare ogni possibile vuoto di apprendimenti in nozioni, competenze riconosciute esplicitamente dalla società. Una corsa senza sosta che porta numerosi bambini a vivere le attività non più come momenti di apprendimento o attività ludiche da svolgere in modo rilassato e divertito, ma sempre di più con una frenetica ansia da prestazione.

La noia invece ha una serie di benefici numerosi e dovrebbe essere valutata come uno strumento, un indizio per rilanciare e smuovere un interesse, attivare risorse e capacità. Diventa quindi un terreno fertile in cui l’immaginazione, la creatività e la strategia di nuove soluzioni ed equilibri amplifica gli apprendimenti e l’autostima. Nella noia c’è un potenziale enorme di occasioni proficue verso tutto ciò che riguarda la costruzione della propria identità e la comprensione della realtà. Un tempo non rigidamente progettato permette ai bambini di organizzare il proprio spazio e la propria mente in modo autonomo elaborando nuovi interessi, trovando strategie ai problemi, sperimentando per sbagliare ed imparare. Scegliere i propri giochi in un ambiente organizzato per i bambini, è un’operazione concreta che esercita anche la riflessione ed il pensiero critico. La noia è in effetti un tempo privilegiato per osservare, riflettere, immaginare, creare. Il tempo vuoto, senza obblighi né faccende da sbrigare o attività prestabilite, è quello spazio elastico che permette al bambino di provare ad andare oltre la propria comfort zone. Se il bambino è solo, è fondamentale che la noia non venga cancellata da uno schermo che si accende, perché ciò lascia il piccolo nella stessa situazione passiva in cui si trovava quando sperimentava la noia. Con lo schermo il bambino si lascia riempire, mentre la noia impone che lui trovi un suo modo attivo per riempire il senso di vuoto.

Intanto noi adulti dobbiamo iniziare ad autorizzarla, cioè a non avere l’ansia del doverla immediatamente rimuovere o cancellare, e a permettere al bambino che la noia diventi uno spazio vuoto che venga percepito e sentito in ciò che ha da comunicare sia nella parte più frustrante sia nella parte più attivante. In quest’ultimo caso la noia mette in movimento, perché diventa una porta che apre al mondo delle passioni e del coinvolgimento attivo, permettendo al bambino di costruire nuovi percorsi proprio al fine di togliere il senso di vuoto. Senza avere la possibilità di poter sperimentare se stessi non sarà possibile, per loro, conoscersi in modo profondo.



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