L’olio d’oliva si trova ovunque, tutti ne hanno almeno una bottiglia buttata da qualche parte in cucina, finisce su ogni piatto senza pensarci troppo. Insalata pasta carne, qualsiasi cosa, pure sulle verdure bollite che altrimenti sanno di niente. Qualcuno dice pure che fa bene berne un cucchiaio al giorno, ma chi lo fa davvero poi.
Il problema è che sugli scaffali dei supermercati ci sta roba di ogni genere, bottiglie che sembrano buone ma dentro ci trovi un liquido che di oliva ha visto solo la foto sulla scatola. Non basta guardare il colore perché può cambiare per mille motivi, può essere verde scuro, giallo chiaro, dipende dalla maturazione delle olive e da come vengono spremute.
Alcuni frantoi lavorano con attenzione, raccolgono le olive al momento giusto, le trattano bene, altri invece buttano dentro tutto, pure quelle cadute per terra che nessuno vuole. Il risultato si sente subito quando lo versi sul pane. E no, non basta dire che se è verde è buono, perché ci sono oli verdi pessimi e oli dorati buonissimi.
Come evitare di comprare olio d’oliva pessimo
Questione di come vengono fatte le cose. Non tutte le olive sono uguali e neanche l’olio che ne esce fuori. Se il sapore è spento o non sa di niente, c’è qualcosa che non torna. Un olio di qualità deve avere un certo carattere, deve pizzicare un po’ in gola, lasciare un leggero amaro, segno che contiene polifenoli, quelli che fanno pure bene alla salute.
Se manca tutto questo, significa che l’olio è stato lavorato male o fatto con olive mediocri. E se c’è un retrogusto strano, tipo plastica o rancido, allora meglio lasciar perdere. A volte sa addirittura di muffa, che è una cosa che non dovrebbe esistere in un prodotto alimentare. Leggere l’etichetta aiuta, anche se certe volte sembra scritta apposta per non far capire niente.
Se c’è scritto che le olive arrivano da vari paesi dell’Unione Europea, significa che hanno mescolato roba da Spagna, Grecia, Italia, chissà dove. Di solito non è buon segno, perché se l’olio fosse davvero eccellente, lo direbbero chiaro. Meglio scegliere quelli con una provenienza ben specificata e magari certificazioni tipo DOP o IGP, che almeno danno qualche garanzia.
Trucchi per riconoscere un buon olio
Anche se pure lì bisogna stare attenti, perché non è che un bollino faccia miracoli, però aiuta a non prendere fregature clamorose. L’acidità è un altro fattore da controllare. Un extravergine vero non dovrebbe superare lo 0,8%, più è bassa meglio è. Se è alta, vuol dire che l’olio è meno fresco e ha perso alcune proprietà benefiche.
Poi ci sta pure la questione del prezzo. Un litro di olio venduto a pochi euro non può essere buono, non ha senso. Produrre olio costa, servono olive di qualità, lavorazione attenta, non si può pensare che un prodotto eccellente costi come una bottiglia d’acqua minerale. Se il prezzo è troppo basso, qualche compromesso da qualche parte l’hanno fatto.
E se poi scopri che quell’olio così economico in realtà è un miscuglio di oli di semi, raffinati, deodorizzati e chissà cos’altro, non stupirti. Chi compra l’olio dovrebbe farlo con un po’ più di attenzione, magari assaggiarlo prima se possibile. Versane un po’ in un cucchiaio e sentine il sapore. Se è troppo dolce e insapore, qualcosa non va.
Come scegliere quello giusto
Se invece ha un profumo di erba fresca, mandorla, pomodoro, allora già siamo su un buon livello. L’importante è evitare quei sapori strani che fanno pensare a un prodotto vecchio o lavorato male. E occhio anche a dove lo conservi, perché la luce e il calore lo rovinano subito. Se lo tieni sopra i fornelli, hai già perso metà della sua bontà senza accorgertene.
Spesso si pensa che tutto quello che si trova sugli scaffali sia più o meno uguale, ma non è così. Alcuni oli sono decisamente migliori di altri, per gusto e benefici. Certo, non tutti possono permettersi di comprare bottiglie costose o di andare direttamente al frantoio, ma almeno evitare i prodotti peggiori si può.
Basta leggere bene, fare attenzione, non farsi ingannare da etichette fatte apposta per confondere. E magari ogni tanto fare una prova con oli di qualità, tanto per capire la differenza. Un buon olio cambia completamente un piatto, anche il più semplice. Un pezzo di pane con un filo d’olio diventa una cosa buonissima, ma solo se l’olio è buono.
Perché spendere un po’ di più per un buon olio fa la differenza
Se invece sa di niente o peggio, allora meglio lasciarlo stare. Meglio una bottiglia in meno ma buona che un olio mediocre che rovina tutto quello che tocca. Alla fine è una questione di abitudine, una volta che inizi a riconoscere il vero sapore dell’olio buono, quello scadente non lo vuoi più. E non ti sembra nemmeno più così caro, perché alla fine ne usi di meno e dura di più.
L’olio d’oliva è ovunque e lo usiamo senza pensarci troppo, ma la qualità varia tantissimo. Non basta guardare il colore, perché dipende da molti fattori. Il sapore è un buon indicatore: deve avere carattere, pizzicare un po’ e non sapere di muffa o plastica. Le etichette spesso confondono, ma leggere bene aiuta. Se c’è scritto che le olive provengono da più paesi, è meglio diffidare. L’acidità dovrebbe essere sotto lo 0,8%, e il prezzo troppo basso è un brutto segno. Un buon olio fa la differenza in cucina, quindi vale la pena scegliere con attenzione.