La dislessia è una difficoltà selettiva nella lettura, in presenza di adeguate capacità cognitive e opportunità sociali e relazionali. E in assenza di deficit sensoriali e neurologici e di disturbi psicologici primari.
Nella dislessia le difficoltà del bambino interferiscono nella vita quotidiana e nel proseguimento degli studi, e persistono nonostante un’istruzione scolastica normale. La dislessia in Italia colpisce circa il 4% dei bambini in età scolare. Le difficoltà del bambino possono essere notate quando inizia a leggere e scrivere o a volte sin dall’ultimo anno di scuola materna (se si svolgono esercizi di pre-lettura e pre-scrittura). Nei casi più lievi, invece, cominciano a notarsi in terza elementare, quando la lettura ela scrittura dovrebbero diventare automatiche e non lo sono.
Spesso le difficoltà di lettura si associano con intensità diverse a:
- difficoltà nella scrittura (disortografia)
- difficoltà nell’aritmetica (discalculia)
Tra i segnali che indicano la possibile presenza di dislessia vanno sottolineati:
- lettura poco fluente;
- lettura con molti errori;
- mancata comprensione del testo letto;
- mancato ricordo di ciò che legge;
- errori nella scrittura;
- scrittura poco comprensibile;
- difficoltà in aritmetica;
- facile distraibilità.
Nella dislessia ciò che è disturbato nella lettura è la decodifica, cioè la rapidità e la correttezza con cui si legge. Riguardo la correttezza nella lettura ci sono degli errori tipici:
- errori di tipo visivo, che consistono nello scambio di lettere che hanno tratti visivi simili o speculari (e con a, r con e, m con n, b con d, p con q).
- errori di tipo fonologico, riguardanti lo scambio di lettere che hanno la stessa radice (f con v, c con g).
- errori di anticipazione, cioè una parola letta al posto di un’altra, a cui si accomuna o per lettere iniziali o per significato (es. Algeri con allegri, chissà con chiese, sono stato con sono andato).
Questo accade perché nella Dislessia possono essere disturbate una o entrambe le strategie con le quali possiamo leggere:
- la strategia lessicale: con la quale noi guardiamo la parola e la riconosciamo, quindi la diciamo scegliendola tra tutte le parole che conosciamo;
- la strategia fonologica: con la quale c’è un riconoscimento visivo delle singole lettere e un relativo accoppiamento con il fonema corrispondente. Le lettere poi vengono fuse insieme e si ha la parola.
Quest’ultima strategia si usa quando:
- si impara a leggere;
- si legge una lingua straniera;
- si legge senza capire.
Generalmente i bambini di lingua italiana già alla fine della prima classe della Scuola Primaria iniziano ad adottare una strategia lessicale di lettura. La comprensione del testo nella dislessia è variabile, può anche essere buona o sufficiente, dipende molto dalla qualità della decodifica.
A volte possono coesistere la presenza di difficoltà attentive e di dislessia, infatti solitamente i bambini dislessici hanno difficoltà a mantenere a lungo l’attenzione a scuola, anzi spesso sono proprio queste difficoltà attentive che, rilevate dagli insegnanti, fanno pensare alla presenza di dislessia. Bisogna comunque tener ben presente se esse sono primarie (un disturbo dell’attenzione è copresente insieme al disturbo specifico di apprendimento) o se son secondarie alle difficoltà di apprendimento: in questi casi, il bambino può raggiungere una soglia massima di affaticamento proprio per sovraccarico di risorse attentive e quindi si sottrae all’impegno per lui insostenibile.
Una volta esclusi fattori eziologici organici (neurologici o sensoriali). La diagnosi della dislessia (e di un Disturbo di Apprendimento in senso lato), deve essere contemporaneamente neuropsicologica e globale. La difficoltà del bambino deve essere cioè analizzata nelle sue diverse componenti per capire le aree di difficoltà, e, soprattutto, le strategie che usa, quelle che non usa e quelle che potrebbe usare.
La diagnosi neuropsicologica che va effettuata con test standardizzati deve riguardare quindi tutte le aree di funzionamento del bambino:
- le sue capacità cognitive;
- le abilità visuo-motorie, prassiche e spaziali;
- la memoria;
- il linguaggio;
- l’apprendimento in senso stretto (lettura, scrittura e aritmetica);
- l’attenzione.
È inoltre importante considerare, da un punto di vista psicologico più generale, la personalità del bambino e come egli vive la sua difficoltà. A tal fine è essenziale che lo psicologo, il neuropsichiatra e l’insegnante costituiscano una vera e propria rete intorno al bambino per garantire quanto più possibile un approccio omogeneo e integrato.