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Lo lascio…andare. L’inserimento dei bambini nella scuola dell’infanzia

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In questi anni mi sono sempre trovato a dover dare, per il mio lavoro, consigli a tanti genitori che accompagnavano i loro figli per la prima volta a scuola. Quest’anno ho fatto l’esperienza di essere io ad accompagnare mia figlia per il suo primo giorno di scuola. Devo ammettere che le mie certezze teoriche si sono scontrate con le mie paure e con le mie ansie di papà che lascia per la prima volta la figlia nel suo primo significativo passo di autonomia e affrancamento verso la vita, affrontando così il mio primo distacco emotivo da lei.

Certamente il primo giorno di scuola rappresenta per ogni bambino e per ogni famiglia una svolta considerevole. Cambiano i tempi del fare quotidiano, le modalità di accudimento, le responsabilità.

Improvvisamente il bambino si fa grande: deve imparare le cose che servono nella vita; deve lasciare per diverse ore al giorno rassicuranti figure di riferimento per “lanciarsi” nel gruppo-classe; deve cominciare a farcela da solo.

Per molti di loro la frequenza alla “sezione primavera” rappresenta la prima vera esperienza di socializzazione al di fuori del nucleo familiare e il primo complesso impegno di autonomia e responsabilità. Si passa più o meno improvvisamente, da relazioni e spazi collaudati e conosciuti ad ambienti nuovi da esplorare e conquistare, a relazioni multiple non più esclusive e a figure adulte mediatrici di nuove regole. Da parte di alcuni bambini il salto è vissuto con curiosità e senza grandi difficoltà emotive. Invece, per la maggior parte dei bambini l’ingresso alla scuola materna appare più problematico: pianti, malesseri fisici, chiusura, rifiuto ostinato e prolungato, come se il distacco, sia pure temporaneo, dalla madre e dalla famiglia non sia attuabile e possibile.

Il passaggio dalla famiglia al gruppo-classe è estremamente complesso e delicato: la famiglia contiene elementi di intimità ed esclusività; la scuola è invece caratterizzata da elementi di socialità.

Il rapporto con i genitori è di tipo protettivo; il gruppo-classe favorisce l’autonomia.

Ogni momento di passaggio nella vita del bambino è accompagnato da una crisi e il superamento di essa rappresenta un passo avanti verso la crescita. Noi genitori non dobbiamo vivere il “passaggio” con apprensione e ansia da separazione perché tale angoscia si riverserebbe inevitabilmente sui figli i quali, a loro volta, potrebbero manifestare difficoltà al momento del distacco.

Questa situazione crea pericolosi circoli viziosi: la mamma teme il distacco dal figlio; il bambino percepisce l’ansia della madre e si dimostra spaventato; alla madre le si conferma l’idea che il figlio non possa stare con nessuno al di fuori di lei. Si va incontro pertanto a lunghi, estenuanti e fallimentari inserimenti a scuola. I bambini hanno invece bisogno di essere incoraggiati e sostenuti nel relazionarsi con i coetanei e con altre figure adulte. La socializzazione, o, meglio ancora, la competenza di entrare in contatto con gli altri, va favorita, esprimendo sicurezza e coraggio.

All’asilo nido i bambini possono esprimere il loro bisogno di movimento ed esplorazione, infatti, se ben impostata, la frequentazione di questi spazi permette ai bambini di apprendere buone modalità relazionali. Vivere situazioni di gruppo è un’ottima palestra per il bambino che comincia a sperimentare la vicinanza con altre persone, che non sono i suoi familiari. Quasi sempre le attività di un nido, i tempi e gli spazi non sono dati al caso, ma progettati e studiati con attenzione proprio per favorire opportunità di gioco, interazione, creatività e per porre i prerequisiti formativi per affrontare la scuola materna.

La frequenza al nido, se ben gestita, può dare maggior sicurezza nell’affrontare poi la scuola dell’infanzia: il distacco dai genitori già sperimentato al nido apre al nuovo spazio educativo.

A mio avviso i bambini che nella fase di prescolarizzazione hanno vissuto un’esperienza positiva nella relazione uno a uno con i genitori spesso riescono a superare meglio il passaggio alla scuola dell’infanzia, dato che hanno interiorizzato un’immagine sicura della figura genitoriale, capace di prendersi cura di loro, con cui hanno stretto una relazione soddisfacente. Questo fa sì che successivamente riusciranno più facilmente a condividere i genitori con i fratelli, o la maestra d’asilo con altri bambini che desiderano tutti l’attenzione esclusiva dell’insegnante, esattamente come quella della mamma, solo per se stessi.

Tenendo a mente tutti questi aspetti, bisogna comunque considerare che a questa età il bambino ha bisogno di una persona sensibile e premurosa in grado di prendersi cura di lui, quando trascorre del tempo lontano dalla mamma, una figura che sia in grado di contenerlo, di farlo sentire sicuro e di aiutarlo a gestire la giornata fino al momento in cui la mamma verrà a prenderlo a scuola.

Nella scuola il bambino si troverà in un contesto nuovo ed emozionante, condividerà i giochi, le attrezzature e le attenzioni delle insegnanti con un gruppo piuttosto ampio di bambini.

Ci saranno molti fattori di compensazione, nuovi giocattoli e nuove attività, spazi per giocare all’aperto e la possibilità di incontrare e interagire con altri bambini. Anche questo può essere un aspetto che incute timore: non tutti i compagni saranno simpatici e il bambino potrebbe avvertire la mancanza della mamma e del papà quando incontra qualche problema o in determinati momenti della giornata, come quello del pasto o del riposino.

La maggior parte delle scuole suggerisce un periodo di inserimento graduale che dura alcune settimane, affinché il bambino abbia modo di abituarsi alle maestre e all’ambiente prima di essere lasciato da solo. Il genitore si assenterà per periodi gradualmente più lunghi, fino a quando il bambino non sarà in grado di gestire l’intero giorno di scuola. Certamente il modo con cui le maestre accolgono il bambino quando arriva a scuola può attenuare la fatica del distacco e l’adattamento al nuovo ambiente.

È importante che i genitori siano sereni, fiduciosi nella scuola, capaci di collaborare con le maestre, convinti che quello che stanno facendo è bene per il bambino.

I compagni della scuola conducono il bambino a una scoperta fondamentale: la socialità. Tra di loro i bambini si divertono ma nel contempo imparano a collaborare e a competere. Se un bambino di due anni gioca con un coetaneo lo fa quasi esclusivamente per il piacere di giocare, prova un grande divertimento nel giocare con giocattoli diversi dai suoi. Ma verso i tre e i quattro anni il bambino è già in grado di stabilire rapporti di amicizia e desidera giocare con un compagno piuttosto che un altro perché con questi si trova meglio, perché l’intesa stabilita gli dà sostegno. Questo contatto è particolarmente utile e stimolante per chi è figlio unico, per il bambino difficile, perché ribelle o viziato, che deve ora tener conto degli altri, imparare a collaborare, ad aspettare il suo turno, a cedere, a passare dal linguaggio egocentrico a quello più comunicativo e sociale.

Alla scuola dell’infanzia il bambino non deve imparare a leggere o a scrivere; impara a socializzare, a rispettare le regole, impara il controllo dei movimenti, il senso del ritmo, acuisce lo spirito di osservazione, si abitua a lavorare in gruppo: tutti fattori determinanti nel processo scolastico successivo.

Se il bambino ha fatto un buon ingresso nella scuola lo si vedrà dal suo comportamento, se è sereno, mangia con appetito, non si fa pregare per andare a scuola, se l’educatrice è contenta di lui. I primi giorni è normale che il bambino pianga: non dobbiamo farne una tragedia; se invece piange ogni volta che deve lasciare la madre, se è sempre nervoso e triste, se si chiude nell’isolamento, il problema è più serio e va affrontato in un dialogo aperto e sereno con le maestre.

Forse è bene che i bambini non comincino tutti assieme i primi giorni per evitare che i pianti si contagino a vicenda. Nulla è più contagioso della paura.

All’inizio può essere consigliabile farlo stare assieme a bambini che già conosce o permettergli di portare con sé un oggetto di casa, che gli faccia sentire un legame con la famiglia.

Bisogna capire il suo problema: sta compiendo un grosso cammino di crescita.

Allora buona scuola a tutti!!

 

 



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